BABà E KRAPFEN

Babà e Krapfen

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Tecniche e segreti per rendere il tuo Babà soffice e gustoso, dalla lievitazione alla bagna come rendere perfetto il dolce della tradizione napoletana.

Sembrerà strano, ma è vero, il babà è un dolce semplice da realizzare, quindi abbandona l’idea delle mille lievitazioni che vi costringono ad un lavoro interminabile.

Il corso di cucina sul Babà e Krapfen ti mostrerà come realizzare un babà elastico, gonfio e ben lievitato in poche mosse con pochi piccoli segreti da seguire scrupolosamente, idem per krapfen meglio conosciuti come Berliner da riempire con gustosa crema.

Uno dei  segreti per un ottimo babà è la preparazione di una perfetta bagna, fondamentale per il suo sapore.

Il corso di cucina del babà napoletano ha la durata di circa 3 ore durante le quali tutti i partecipanti, con l’aiuto dello chef, potranno realizzare il tipico babà in tutte le sue fasi  dall'impasto alla lievitazione per passare poi alla cottura e alla decorazione.

Saranno realizzati babà semplici e babà alla crema pasticcera.

Curiosità e Storia del babà napoletano

La storia del babà nasce nel 1704 con il regno di Stanislao Leszczinski, re di Polonia. Stanislao era diventato re a meno di trent’anni, ma qualche anno dopo Pietro il Grande, Zar di Russia, si dimostrò molto più grande del re polacco ed insieme ai suoi alleati lo sconfisse. Stanislao però non era uno qualunque. Era il suocero di Luigi XV di Francia, che aveva sposato sua figlia Maria. Per questo motivo, dopo averlo detronizzato, come contentino gli diedero il Ducato di Lorena.  Lui non ne fu troppo contento, ma si adeguò.

Privato del Regno di Polonia, e costretto in un quel piccolo regno privato, “Stani” si annoiava, ma aveva bisogno tutti i giorni di qualcosa di dolce. Accontentarlo, però, non era facile: i pasticcieri lorenesi dovevano lambiccarsi continuamente il cervello per preparargli qualcosa di nuovo.

Ma di fantasia ne avevano pochina, e così due giorni su tre al povero ex sovrano veniva servito il  “kugelhupf”, un dolce tipico di quel territorio, fatto di con farina finissima, burro, zucchero, uova e uva sultanina. All’impasto veniva aggiunto lievito di birra, fino ad ottenere una pasta soffice e spugnosa. A Stanislao il  kugelhupf non piaceva, lo trovava un pò troppo semplice e privo di personalità. E poi era asciutto, ma così asciutto che si appiccicava al palato. E non gli piacque nemmeno quando fu bagnato con una salsa di vino Madera, zucchero e spezie.

Spesso  non l'assaggiava nemmeno tornando ai suoi studi.

Insomma, Stanislao  Leszczinski viveva in una prigione: dorata, ma pur sempre una prigione. E’ comprensibile perciò che ogni tanto, per non pensare al passato, che gli faceva tristezza, e al futuro, che gli faceva paura, alzasse un po’ il gomito.

Fedele ai suoi ideali di uguaglianza, beveva di tutto: a cominciare dai vini della Mosa e della Mosella, orgoglio della Lorena. Ma poichè da quelle parti gli inverni sono lunghi, freddi e nevosi, spesso gli ci voleva qualcosa di più forte. E lui l’aveva trovato: era il rhum, un’acquavite derivata dalla canna da zucchero, importata dalle Antille.

Un giorno Stanislao, si accorse di avere una gran  voglia di un buon dolce, qualcosa di veramente speciale. Perciò, quando il suo maggiordomo gli piazzò sotto il naso l’ennesima porzione di kugelhupf, l’allontanò rabbioso. Poi impadronitosi del piatto che il servitore teneva timoroso tra le mani, lo scagliò sulla tavola, lontano da sé.

Il piatto terminò la sua corsa contro la bottiglia di rhum posata lì accanto, e la rovesciò. Prima che qualcuno potesse intervenire a risollevarla, il liquore aveva completamente inzuppato il kugelhupf.

Sotto gli occhi ancora corrucciati di Stanislao ebbe luogo una straordinaria metamorfosi: la pasta lievitata dell’ insipido dolce lorenese assunse rapidamente una tonalità calda, ambrata, e un profumo inebriante cominciò a diffondersi  intorno. Stanislao, sotto lo sguardo stupefatto della servitù, sollevò il cucchiaino, prelevò qualche frammento di dolce e lo portò alla bocca.

Quel che provò lo sappiamo. Lo abbiamo provato tutti la prima volta che abbiamo assaggiato il babà.

Fu questa, una giornata memorabile per l’umanità.

All’ invenzione casuale del dolce inventato dal Re polacco tra le brume della Lorena: mancava il nome. Fu sempre Re Stanislao a dedicare questa sua creazione ad Alì Babà, protagonista del celebre racconto tratto da “Le Mille e Una Notte”, libro che il sovrano amava leggere e rileggere nel suo lungo soggiorno a Luneville . 

Il babà da Luneville arrivò presto a Parigi, alla pasticceria Sthorer. Qui in tanti lo conobbero e lo apprezzarono. A portarlo successivamente a Napoli, dove assunse la forma definitiva assai caratteristica (quella di un fungo) furono i “monsù”, chef che prestavano servizio presso le nobili famiglie napoletane. 

E da allora il babà elesse Napoli a proprio domicilio stabile.

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